A Babbo

Fra un mese è Natale. Fra un po’ ci prepareremo ad addobbare casa con Albero e Presepio. Tra i personaggi che faranno capolino nel presepio, ecco S. Giuseppe. Lo vedremo per un mese nel presepio, poi arrivata l’epifania, sparisce per poi ricordarci di Lui il 19 marzo, giorno a Lui dedicato e ricordato come patrono dei papà.  Un Santo spesso messo ai margini, per quanto la Chiesa l’abbia posto come protettore. Un Santo di cui poco si sa, poco si parla. Dio comunica con Lui, sempre in sogno e tramite un Angelo. Di Lui si perdono notizie dopo il racconto del ritrovamento di Gesù al Tempio. Però, tanto ha fatto, perché per tutta la vita, è stato il Padre terreno di Cristo, l’ha protetto e difeso.

Non è un caso, appunto che sia il protettore dei papà.

I papà (ovviamente quelli che oltre a diventarlo, lo sono perché presenti), sono un po’ così: silenziosamente presenti, pronti a tutto per la famiglia, ma allo stesso tempo coscienti che il loro posto è spesso invisibile.

Un po’ come il compianto Principe Filippo, che per tutta la vita camminava due passi indietro alla Regina Elisabetta, i papà vanno avanti sapendo che la mamma avrà sempre un posto di prima file per i propri figli.

E’ una cosa naturale, e lo dico perché prima di essere papà, sono stato figlio anche io, e la mamma……è sempre la mamma. Non lo dico con vittimismo o rammarico; è così ed è giusto sia così. Saranno quei nove mesi che trascorriamo dentro il grembo materno.

Crescendo ci si scontra qualche volta con il papà, forse perché senza accorgercene, siamo simili anche se non lo ammettiamo, anche se non l’accettiamo. Vediamo quello che i papà fanno, li amiamo, ma quella riservatezza, quel muoversi silenziosamente, quasi cela quanto il papà fa, e quanto il papà è.

Però, poi un giorno succede una cosa che forse qualche volta hai messo in conto: arriva la telefonata di uno dei tuoi fratelli che ti comunica che babbo è stato male, e che sta arrivando l’ambulanza. Sali in macchina e fai quei trenta chilometri in non so quanto tempo. In quel tempo ti passa la vita davanti, ti senti smarrito.

All’ospedale dopo la visita comunicano che è un’ischemia, la seconda dopo cinque anni e che il quadro medico è grave. Lo vedi coricato nel letto d’ospedale e senti quel cuore che batte forte e veloce, un po’ come quando si fa il tracciato ad una donna gravida e senti il cuoricino del bambino che sembra un tamburo. Ormai non apre gli occhi, gli tieni la mano, gli parli e cerchi di dirgli tante cose che forse da tempo non gli dicevi.

Cinque giorni……..poi il cuore si ferma per sempre.

Tutto cambia. Allora ti rendi conto che l’affetto per mamma e babbo è uguale, e quanto hai ricevuto si bilancia perfettamente, perché quando si hanno genitori presenti, ciò che è carente in uno, viene compensato dall’altro. Scopri che c’è un vuoto che non immaginavi di provare. Quella poltrona che un tempo occupava lui, ha un vuoto surreale, che niente può riempire.

Scopri poi tante cose che non vedevi o che venivano fatte in silenzio e discrezione e che come tali non citerò.

Sono trascorsi venti anni da quella notte che sei volato in cielo, caro Babbo. Ci siamo sempre immaginati che quella notte, mamma che ti aveva anticipato da appena un mese e mezzo, sia scesa dal Cielo a prenderti con se.

Non è stato semplice andare avanti, perché è mancato il pilastro, la roccia che dava sicurezza quando qualcosa non andava. Quell’uomo alto un metro e cinquant’otto era il nostro gigante.

Avrei voluto che i miei figli ti conoscessero. Tu so che li conosci perché, so che con mamma continuate a stare accanto a tutti noi. Continuerò a parlare di Voi, in modo che possano conoscerVi e sapere quanto siete stati importanti per noi.

Mi manchi BABBAI, Ti voglio bene.

Roberto

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